Via degli Artisti, da me chiamata sempre via Filodrammatico a tal punto da aver dato questo nome, quale indirizzo, a degli amici cui avevo prenotato una stanza all’hotel (o meglio ormai ex hotel) Parenzo che in quella strada c’è (o meglio c’era).
“Ma il navigatore mi dice via sconosciuta” “ Ahhh sorrrry, mi sono sbagliato … quella via è via degli Artisti”
Del resto che c’è di importante in quella via se non il manufatto del teatro-cine Filodrammatico e che dal 1983 non più né teatro, né cinema, ma solo casa abbandonata ed inevitabilmente sempre più tendente al rudere?
Via degli Artisti. Proprio lì c’era un teatro da antichi tempi (1828) e dunque sicuramente zona di incontro di gente dell’arte. Insomma … artisti. La piccola Montmartre di Trieste.
No, nulla di tutto questo.
A toglierci questa idea del tutto sbagliata è il Generini, tante volte qui citato perché fonte preziosissima di notizie sulla nostra città, da lui pubblicate nel 1884. Egli scrive: (1)
“E’ conosciuta sino alla metà dello scorso secolo [ossia del 1700 – N.d R.] quando andò formandosi con tal nome, per essere stata nei suoi primordi abitata quasi esclusivamente d’artieri che esercitavano mestieri rumorosi (2), come fabbri ferrai, battirame, calderai, ecc.”
Ecco dunque chi erano gli artisti di via degli Artisti. (3)
Il Filodrammatico ha (avuto) una vita molto travagliata come può essere naturale per uno che oggi (2017) ha 189 anni, per tanti anni ha lavorato ed oggi è un vecchietto pieno di acciacchi in attesa della visita del sig. Zimolo.(4)
Una vita travagliata, ma anche una nascita sofferta. Come un aneddoto la possiamo raccontare.
Tutto nasce da un incendio doloso perché ignoti appiccano del fuoco a delle botti di acquavite in una delle casette della via, a quel tempo denominata Contrada degli Artefici. Così dicono gli annali.
A me piace immaginare non un incendio doloso, ma di un qualcuno che va nella sua cantina alla sera tardi, dopo che la moglie si è addormentata ed in mano una candela per farsi luce. Nella cantina un paio di botticelle di acquavite di cui controllare bene la qualità. Assaggi e numerosi ri-assaggi per essere sicuro. Sì, è buona, ancora un sorso e un gesto maldestro … la candela … le fiamme piccole, ora alte … giusto il tempo per scappare sulle malferme gambe chiamando a gran voce la moglie. La sua e le altre casette attorno in fuoco.
Una di queste case è di tal Guetta, un po’ più ricco degli altri e che grazie alla raccolta di denaro della cittadinanza per aiutare i 35 sfollati e di sue proprie sostanze, affida – agosto 1827 – all’architetto Fontana la costruzione di un palazzo di ben 4 piani.
E qui si apre un contenzioso durissimo con il Comune e per altri motivi con la vicina famiglia Alimonda, la cui casa sarà poi alla sinistra del palazzo del Guetta. Un contenzioso con il Comune che vede anche Domenico Rossetti quale Procuratore Civico, pronunciarsi in due riprese, sul punto controverso della proprietà di una fonte d’acqua dentro il terreno del Guetta. E’ sua questa fonte o, come bene idrico di pubblica utilità, è del Comune e quindi il Guetta non può costruire sopra il suo palazzo?
Il carteggio è fittissimo come potrebbe essere un carteggio dei giorni nostri che veda un privato cittadino contro una Amministrazione comunale o statale. Salvo che quella controversia, seppure con tante carte, si svolse nel breve periodo di 2 anni al posto degli attuali 20.
Il palazzo nasce con 4 piani, 5 portali, 13 finestre nei primi 3 piani e 15 finestre più piccole e quadrate al quarto piano. Oggi di questo quarto piano non vi è più quasi traccia come si vede dalle foto.
Da quanto si può dedurre dai documenti il palazzo non fu progettato e costruito per uso e abitazione del Guetta, ma a fini commerciali.
Infatti a cosa poteva servire la grande sala che occupava nel progetto del 1827 il secondo e terzo piano? Non certo per serate danzanti della famiglia Guetta.
La modifica del progetto portò subito a due sale anziché una e qui si apre altro buffo contenzioso con il Comune con cavilli degni dei giorni nostri per differenti normative di sicurezza da applicare se le sale fossero state destinate a rappresentazioni sceniche piuttosto che a feste da ballo.
Ecco dunque il difficile esordio del Filodrammatico (5)
Il primo a prendere in affitto le sale fu un impresario di rappresentazioni di marionette con un contratto quinquennale. Giusto dunque dire che il Filodrammatico nasce come teatro di marionette.
Quando siano iniziate esattamente queste rappresentazioni, se nella seconda metà del 1828 o inizi 1829, è poco chiaro, ma anche poco importante.
E’ certo invece che già verso la metà di quel 1829 divenne anche teatro per l’opera.
La vita del Filodrammatico va dalle marionette (1828) al porno che ebbe termine nel …
Non è molto importante l’esattezza della data della fine del porno al Filodrammatico, ma coincidendo essa con la fine dell’ultra secolare Cine Teatro Filodrammatico, è giusto fare chiarezza fra molte notizie inesatte (6). E dire che tutto ebbe termine nel 1983.
Tra il travagliato inizio e l’altrettanto sofferta fine, in mezzo veramente di tutto: prosa, lirica, varietà, avanspettacolo, progetti di sala da ballo e di pista di pattinaggio, cinema (7) e infine cinema porno. Ma non un porno qualsiasi. Il Filodrammatico è stato in assoluto il primo cinema in Italia a programmare pellicole hard. Ossia non erotismo, ma vera pornografia.
Nel 1972 questo accadde a Trieste e fu caso nazionale. Ovviamente con tanto di denunce e processi a carico del coraggioso Giorgio Maggiola, gestore del cinema.
E sala e gallerie sempre gremite di spettatori.
Nel tempo del teatro tanti nomi conosciuti e fra quelli con nome a me noto cito Emma Grammatica ed Eleonora Duse (attrici di teatro), Sara Bernhardt (attrice francese di teatro e cinema), Ferruccio Busoni (compositore e pianista con madre triestina), Ruggero Ruggeri (attore di teatro) e per alcuni anni prima della seconda guerra la compagnia di Angelo Cecchelin
Nella sua lunga vita il Filodrammatico è stato spesso dal medico e spesso in vacanza.
I medici sono stati i tanti architetti (8) che si sono occupati di varie e varie ristrutturazioni. Tante e qui noioso citarle.
Del resto necessarie sia per cambi di tipologia di rappresentazioni sia per adeguamenti a misure di sicurezza sia per manutenzione straordinaria.
E spesso è stato in vacanza: chiuso per … Anche qui poco interessante il lungo elenco delle forzate soste.
La chiusura più lunga – lunga a tal punto da temere fine definitiva – si ebbe negli anni ‘30 e quando nel ‘37 il teatro fu riaperto grande soddisfazione si ebbe in città (9)
Anche il suo nome “Filodrammatico” non è rimasto sempre lo stesso, assumendo i nomi di Teatro Costituzionale, Cinema Corso, Teatro Moderno per ritornare alla sua originaria denominazione.
Anche la via dal ‘41 al ‘46 non è stata via degli Artisti bensì via Arturo Zanolla per ricordare un caduto nelle guerre in Africa
Con il crollo di parte della zona retrostante lo schermo, il Filodrammatico cessa la sua esistenza perché dichiarato inagibile e senza risposta sono le richieste all’Inps – allora proprietaria dell’immobile – da parte del gestore del cinema di restaurare a sue spese. E’ il 1983.
Oggi rudere più che mai e complice anche qualche altro misterioso incendio.
Che fare di questo rudere e di questa area ben centrale? Posteggio per motorini in modo da liberare strade come via Santa Caterina, posteggio per auto, ristrutturare, demolire ? Tutte ipotesi prese in considerazione.
Sul rudere – però centralissimo – hanno messo gli occhi le varie amministrazioni comunali, la Sopraintendenza alla Belle Arti per vincolarlo, l’Inps per liberarsi di questo peso, costruttori edili come l’impresa Comelli che l’ha rilevata nel 2009 dall’Inps, Cividin (con problemi ora di fallimento) e Riccesi. Questi 2 ultimi hanno ricevuto – dopo il passo indietro della Sopraintendenza – l’autorizzazione a costruire un edificio con posteggio, uffici, abitazioni, negozi. Era l’anno 2014.
Ed oggi il 2017
A fianco dell’edificio del Filodrammatico, sulla destra, c’è altro palazzo abbandonato. Sotto, per tanti anni dopo la guerra, il ristorante “Ai commercianti”, poi divenuto ristorante cinese. Il palazzo è dello stesso anno del Filodrammatico e questo lo vediamo dal numero 1828 che è disegnato in ferro sulla balaustra del balcone del primo piano (visibile tra le foto)
A fianco sulla sinistra altre tre case. La prima confinante con il Filodrammatico, oggi casa dell’Ater, era di proprietà della famiglia Alimonda, quelli in conflitto con il Guetta di cui sopra. In varie parti ho letto che sull’architrave del portone ci sarebbe lo stemma EM (Emilia Alimonda), ma io non ne ho trovato traccia neppure all’interno dei due portoni della casa a tre piani.
Una targhetta del Comune ci dice invece che lì abitò per un certo periodo James Joyce. Sì, una delle tante sue abitazioni e conosciamo bene i forzati motivi dei suoi tanti traslochi.
L’ultima casa prima della piazzetta Benco, è la casa più vecchia della via e risale al 1770 così come leggiamo, seppure con difficoltà, sull’architrave del portone. Diligentemente ristrutturata come le altre due.
Sulla via degli Artisti v’è anche l’ apertura sulla galleria Rossoni che congiunge questa via con il Corso Italia passando sotto la casa Hierschek. La galleria fatta costruire da Vittorio Rossoni, commerciante di strumenti musicali nel 1951, ha perso gran parte della sua vitalità con il trasferimento della libreria Svevo (10) che con i suoi ordinati banchi di esposizione lungo la galleria ed il fornitissimo negozio attirava molta gente.
Ora tutto è tranquillo, ma di quella tranquillità che volge alla tristezza come è di tutte le tre gallerie triestine – Tergesteo, Fenice, Rossoni – un tempo non lontano piene, chi più e chi meno, di vociante gente.
Di fronte a questo gruppo di case dai primissimi anni dell ‘800 – e dunque prima del sorgere del Filodrammatico – c’era fino al 1935 la trattoria Città di Parenzo che vedeva spesso, prima del 1915, ai suoi tavoli, gruppi di liberali ed irredentisti fra cui Attilio Hortis.
Sullo stesso lato c’è l’uscita posteriore di quello che a suo tempo fu il Banco di Roma nonché l’edificio del sopracitato hotel Parenzo che ha aperto da qualche anno le sue stanze all’ospitalità di extracomunitari. Prima una quindicina ed ora tutto il centralissimo l’hotel solo ed esclusivamente per ospitare i c.d. migranti.
Business o accoglienza??!! (11). E se per caso la risposta è business quanto è brutto non chiamarla con il suo legittimo nome.
Nota 1
“Trieste antica e moderna”, Generini, prima edizione 1884 e ripubblicato a cura della Libreria Italo Svevo nel 1968
Nota 2
A quel tempo questi mestieri erano definiti “strepitosi” evidentemente da strepito= rumore
Nota 3
Invero, ma in tempi relativamente recenti, due artisti abitarono in questa via. I pittori Umberto Veruda e il suo discepolo Ugo Flumiani.
Nota 4
Per chi non è di Trieste, Zimolo è l’impresa di pompe funebri per antonomasia
Nota 5
Per queste notizie sulla corretta dinamica della nascita del Filodrammatico e le sue date mi sono avvalso del dettagliatissimo studio della prof.ssa Bianca Maria Favetta, già Conservatrice dei Civici Musei e Arte di Trieste il cui studio è stato pubblicato nell’Archeografo Triestino della Società Minerva, serie IV – 1977
Nota 6
Nel documento ufficiale delle biblioteche del Comune di Trieste leggo 1888.
Sul Piccolo del 4 novembre 2012 c’è un articolo che dando notizia di altro crollo di parte della struttura cita tra virgolette le parole dell’ex gestore del cinema G. Maggiola:
“Abbiamo terminato di proiettare quando, nell’aprile del ’93 la parte retrostante lo schermo crollò”
E poi alla fine del medesimo articolo, sempre tra virgolette: “Dopo il 1983 la programmazione dei film a luci rosse si spostò al cinema Eden di viale XX Settembre”.
1983? 1988? 1993 ?
Tre date diverse, ma quale è quella giusta?
Una ricerca fatta sulle programmazioni dei cinema nelle pagine della cronaca triestina del Piccolo rilevo che a tutto 1971 i film erano”normali” (ma perché questo termine? Mahh) e che nel 1972 compaiono i film porno e la data del 1975 da alcune parti trovata come inizio del cinema porno è dunque inesatta.
Per quanto riguarda la fine, a dicembre 1982, il Filodrammatico compare con i suoi film porno, ma poi a fine 1983 il cinema Filodrammatico non è più presente tra i cinema triestini.
Dunque con il 1983 termina la programmazione dei film porno e con essa ogni attività di qualsivoglia tipo del Filodrammatico.
Fine dopo 155 anni
Nota 7
La prima pellicola mostrò le sue immagini nel 1906 con l’accompagnamento sotto lo schermo di un pianoforte. Il film muto così era.
Nota 8
Fontana (progettista e costruttore) , Botta, Rigetti, Bernardi, Garlatti, Aruerrytsch
Nota 9
A novembre del ‘37 il Piccolo scriveva “ Il teatro rinnovato dopo un lungo periodo di chiusura durante il qual era sembrato che l’ultima ora per il vecchio e popolare teatro fosse definitivamente suonata, si presenta tutto ripulito, adatto alle moderne esigenze dello stile odierno, dall’atrio che risulta ampliato alle scale d’accesso …. alla cabina per le proiezioni, al palcoscenico attrezzato per spettacoli di varietà .. “
Nota 10
La libreria Italo Svevo si trasferisce dalla Galleria Rossoni alla galleria Fenice dove aveva già aperto un punto di vendita perlopiù dedicato a libri per ragazzi.
Trasloco determinato da spese di affitto molto alte. Avviene dunque il triste abbandono della storica sede per andare – seppure con grande ottimismo – nella poco frequentata galleria Fenice.
Con il peggioramento della situazione debitoria la libreria, che era anche casa editrice, ha chiuso per fallimento nel 2013.
Nota 11
Facciamo due conti con i fatti e non con le opinioni. L’hotel ha 34 stanze doppie. E’ ragionevole supporre dunque che gli ospiti siano una settantina. La quota oggi corrisposta dalla Prefettura è di 35 euro persona. Dunque 894 mila euro all’anno.
Siccome non mi intendo molto di questi problemi non so dire se 894 mila euro annui sono caritatevole accoglienza oppure business. Forse business, ma allora perché chiamarlo accoglienza?