Il vecchio ospedale La Maddalena dismesso in seguito alla riorganizzazione delle strutture sanitarie di Trieste è ora Dipartimento di salute mentale.
Sorto negli ultimi anni del 1800 con la palazzina principale di pregevolissima fattura su progetto dell’ arch. Enrico Nordio e poi nei primissimi anni del 1900 con altri padiglioni tra cui quello, importantissimo per l’epoca, per il ricovero dei malati di tubercolosi.
Del vecchio ospedale con la palazzina lungo degenti, la palazzina antitubercolosi e altre tutte inserite in un verde fatto di alberi alti e secolari solo la palazzina rossa destinata alla direzione dell’ospedale e che dà sulla via Molino a Vento resta in piedi, ma di originale solo le mura esterne mentre l’interno è stato totalmente demolito e nessun soffitto, nessuna sala, nessun particolare è rimasto a ricordare la storia.
Che da queste parti sia passato un piccolo ciclone dai connotati poco chiari non pare dubbio.
Alcuni dati e date trasformano presto il dubbio in certezza.
Il 1994 è l’anno in cui il destino dell’Ospedale La Maddalena è segnato con la riorganizzazione, da parte della Giunta Regionale, della rete ospedaliera triestina.
Si comincia dunque a discutere di quell’area che presto diverrà libera.
Nel 1997 viene approvato il nuovo Piano Regolatore senza prendere in considerazione questa area, ma appena 1 anno dopo l’ Azienda Sanitaria chiede di definire il riuso del comprensorio tramite un accordo di programma.
Per i comuni mortali il termine “accordo di programma” dice poco o nulla, ma invece è denso di significato perchè esso, una volta approvato, diventa tout cour variante al Piano Regolatore. Sì, ma senza quell’iter di trasparenza (esposizione all’albo comunale, osservazioni del pubblico, discussione delle stesse in Consiglio) che è invece richiesto per lo strumento del Piano Regolatore.
Di solito lo si usa per i casi urgenti e complessi.
Ecco dunque che in gran silenzio l’area diventa edificabile ed etichettata come U1 cioè “zona di prima fascia periferica ad alta densità edilizia”.
Il piccolo bosco con alberi alti e vecchissimi – corre l’anno 2008 – viene raso al suolo dalle motoseghe. Gli alberi, si sa, contrastano con “l’alta densità edilizia”
La via è dunque spianata (anche nel senso letterale del termine) per il passaggio dell’area a un gruppo di costruttori (Riccesi, Cividin, Carena, Palazzo Ralli). Essi formano una società e parte un progetto successivamente rivisitato ed ingrandito. L’area conterrà edilizia residenziale, edilizia popolare (Case Ater), uffici, un centro commerciale (Carrefour) e relativi parcheggi, un parcheggio anche per il Burlo che dista pochissimo, ma di cui già è presa la decisione che sarà trasferito a Cattinara.
Tutto deve essere pronto entro il 2014. Poi si parla delle sole case Ater entro il 2016.
Oggi febbraio 2016 l’area è solo un profondo buco transennato ed è cosi dall’inizio 2013.
Le difficoltà di finanziamenti (ma come, non si chiedono prima di partire con i lavori?), il Carrefour che si ritira (ma come non si sa che saranno almeno 5 anni che il Carrefour in Italia non investe ma disinveste? ) ed altro fanno sì che il piano faccia acqua e come una vecchia nave si areni.
Tanta fretta per arenarsi così miseramente.
Forse qualcosa a qualcuno è andato storto. Forse qualcos’altro a qualcun altro è andato fin troppo bene. O solo dilettanti allo sbaraglio?
“A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” – Giulio Andreotti.