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Via Giulia

Lui, Domenico Rossetti, il grande perchè grande fu e lo è ancora su quell’alto piedistallo, mi dà il benvenuto mentre entro nella via Giulia. Spaziosa con il verde del Giardino Pubblico da una parte e bei palazzi dall’altra a cominciare da casa Lietenburg, quella un po’ a “spigolo”con sotto la farmacia dal nome beneaugurante di “Alla Salute” che fa angolo con la iniziante via Rossetti. Anche lì come in altre 100 e forse più case di Trieste abitò Joyce così come targhetta ricorda.
In fondo a questo primo tratto di via, il palazzo impreziosito da statue e che sotto aveva il Caffè Firenze prima che una delle tante banche fagocitasse anche quello spazio.  Sulla destra, in quella piazza che si chiamava Largo del Giardino e dal 2009 è intitolata allo scrittore triestino  Fulvio Tomizza e ove la via Giulia fa una leggera curva cambiando fisionomia, uno strano palazzo verde ramarro, ricercato nello stile, ma non so con quanto successo.
Con un po’ di anonimato si arriva fino alla Piazza Volontari Giuliani che d’estate è una bella macchia di colore verde a interrompere la sequenza degli alti palazzi fine ‘800 –  inizi ‘900 e che prosegue dopo la piazza con 5 casoni stile littorio, ma subito dopo l’incrocio con la via Bonomo ecco un casa a due piani, classica residenza di famiglia ricca,  sita – ai tempi della sua costruzione nel 1851 – ai margini della città tra campagne e torrenti. Ignoro chi la fece costruire, ma so che in anni successivi vi abitò un ufficiale austriaco.

L’interno del portone è raffinato con soffitto e pareti con affreschi realizzati da un artista che ha lavorato anche per le sceneggiature del teatro Verdi.
Sotto la via Giulia – che porta questo nome dal 1879 – scorre il rio Grande che riceve acqua da vari affluenti così come accenno altrove (articolo sulla via Verga).
Il torrente si congiungeva poi in zona Chiozza con quello proveniente da Montebello e insieme giù per via Carducci (guarda caso ex via Torrente) piegando poi a sinistra verso il mare.
Francamente non so se già all’altezza di via Valdirivo (appunto … Val di Rivo) oppure un po’ più avanti verso piazza Oberdan. E’ risaputo che sulla via del Torrente c’erano quattro ponti in corrispondenza delle attuali Piazza Goldoni, Portici di Chiozza, Piazza Oberdan e zona del Palazzo Panfili verso Piazza della Libertà.
Come io fossi un piccolo ramo portato dall’acqua di questi torrenti sono arrivato con il discorso davanti alla Stazione. Ma è bene che risalga alla via Giulia angolo via Bonomo da dove ero partito. Dall’altra parte della strada si ha la via Margherita dove un tempo si infilavano i tram per andare a dormire nel loro deposito.

Prima di arrivare al pezzo da novanta della via, ossia il fabbricato della ex Fabbrica Dreher, sulla sinistra si offre con molta discrezione la Chiesa di San Francesco fatta poco prima la seconda guerra mondiale. La si vede se la si vuol vedere. La facciata infatti si armonizza del tutto e quasi mimetizza con i palazzi attorno. E’ una delle poche tra le grandi chiese di Trieste che non abbia un campanile anche se il progetto originario dell’ing. Foschini lo prevedeva. Come si vede nelle foto una piccola campana, posta sul tetto, assolve alla funzione campanaria. Più discreta di così …

Ciò che rimane della nostra cara ed amata Dreher è lì, dopo la leggera curva che apre l’ultimo tratto della via.
Ma la vecchia e cara Fabbrica Dreher merita articolo a parte per ricordarne la storia e soprattutto la ingiusta fine.
Questo viaggio fatto di tante digressioni termina nello spazio della Rotonda che, seppur rimpicciolito dal complesso di case sulla sinistra, rimane sempre bello ampio e luminoso. Forse anche troppo dopo l’abbattimento (maggio 2015) dell’ultimo platano per fare al suo posto, con la base del suo tronco, una striminzita scultura che per quanto opera d’arte non può essere arte come lo è un albero secolare.

 

La mia Trieste, 10 Gennaio 2016