Lunga via, ma sfido chi, non del rione, la conosce. Parte anche lei, da quel piccolo slargo sulla sinistra della via Giulia di fronte al posteggio del centro Commerciale dove c’è l’Androna San Cilino e si diparte la via San Cilino, appunto, la via dedicata nel 1956 allo scrittore siciliano Giovani Verga.
Lì, all’inizio della via, anche un cartello che indica strada a fondo cieco, ma peccato che in questi ultimi anni (siamo nel 2015) esso sia girato e non visibile a chi si avventura da quelle parti in macchina.
Stretta con casette basse sulla sinistra a delimitare la zona della Piccola Parigi e sulla destra alti condomini. In poche centinaia di metri si arriva ad uno slargo invaso dalle macchine quasi ad invitare chi non avesse visto il cartello di strada a fondo cieco a non andare oltre con la macchina salvo per chi ci abita ed abbia un box. E io non essendo giraffa il cartello non l’ho visto.
Ah, quante manovre ho dovuto fare per girare la macchina una volta arrivato in cima alla via che termina tanto più su contro il cancello di una villa!
Ma questa volta sono a piedi a godermi il verde e il silenzio. Sulla sinistra casette, villini che s’aggrappano sulla collina e a destra il muro di cinta dell’ex manicomio che ci accompagna lungamente e lascia che ogni albero con i suoi rami faccia da ombrello sulla nostra testa.
Dopo leggero serpeggiare, un lungo rettilineo con la strada sempre in leggera salita ci dà il senso della grandezza del parco dell’ex manicomio. E andando su mi sembra di sentire un rumore d’acqua e dove la strada piega secca a destra e subito dopo a sinistra ecco svelato l’arcano del rumore d’acqua. Un torrentello scende per un po’ allo scoperto per poi di nuovo sparire nel suo tunnel. E’ il rio Marchesetti che scende a valle per fare comunella con gli altri compagni della zona e formare il Rio Grande che scorre sotto la via Sanzio e poi via Giulia.
Poco dopo la via termina.
Nel ridiscendere ad un tratto lascio la via Verga per imboccare sul lato opposto all’ex manicomio un viottolino a gradoni, ai piedi del quale il Comune avvisa che è scala dissestata (ok grazie dell’avvertimento, ma visto che lo sai perchè non la ripari?) . In nemmeno 50 metri di scalinata arrivo in via Zanella e da lì, a destra, ammiro il panorama dell’altro lato della valle con il boschetto, Cacciatore e Cattinara. Ma sul corto raggio ammiro la ciminiera della lavanderia dell’ ex manicomio che è lì sotto.
Sopra il rumore del traffico mi conferma che a breve sbucherò sulla via Fabio Severo, nel tratto dell’Università. Lo slargo dove termina la via Zanella è quello dove c’è la trattoria-pizzeria , “Sapori di Toni” con ampio giardino chiamata anche “da Manuel” e che esisteva già negli anni ’60 quando frequentavo l’università. Ma a dire il vero qui siamo in via dello Scoglio che, con senso unico, ci porta direttamente con ripida discesa nella via Giulia vicino la chiesa di San Francesco.
Scendendo da via dello Scoglio riprendo, con una curva a gomito sulla sinistra, l’altro ramo della via Zanella che, molto stretta e tutta piena di casette basse fatte da un pianterreno o al massimo un piano, ci riporta ancora alla fine di quella scala che avevamo imboccato dalla via Verga.
Anche la via Zanella, pur in prossimità della Fabio Severo, dà senso di grande tranquillità. Fitta di casette che insistono sulla strada e anche dietro come a formare un borgo. Vecchie tutte, ma parecchie risistemate.