Le lapidi commemorative di eventi o di gruppi di caduti ricordati da una associazione si sono aggiunte soprattutto in questi ultimi decenni alle pietre carsiche sparse per i prati.
Come ho già detto, l’impatto emotivo di queste lapidi messe a cura di associazioni è decisamente minore di quello delle semplici pietre carsiche con nomi e luoghi spesso diventati difficili da decifrare. Come se l’oblio volesse scendere forzatamente su questi ignoti morti e per converso far risaltare le memorie più collettive delle lapidi.
Qualche lapide è attaccata alle mura del castello, altre in giro per il parco, ma la maggior parte verso la sommità, e tante proprio sulla spianata del forum romano che porta al grande monumento ai Caduti della prima guerra
Lapidi dei granatieri morti in servizio, dei paracadutisti, dei bersaglieri, della guardia civica, dei volontari della resistenza, dei caduti in Spagna, dei morti in India, dei deportati e degli infoibati e tante altre.
Qualcuna più grande come il proclama del Generale Diaz sul muro del Castello e quella infissa nel terreno del parco a bordo via Capitolina che riporta le motivazioni per la medaglia al valor militare per la città di Trieste.
L’elenco completo (salvo omissioni) delle lapidi attuali è riportato qui sotto. Sono quasi 40 e non è poco.
Se per la maggior parte di esse tutto è pacifico, per qualcuna no.
La lapide che ricorda i caduti della Guardia Civica è stata dolosamente danneggiata, poi riaggiustata ed altra piccola lapide accanto ne ricorda il vile gesto. (1)
Ruggine ed odio anche a proposito della lapide messa nel 2015 che ricorda che la guerra, terminata per il resto dell’Italia il 25 aprile 1945, a Trieste terminò il 12 giugno di quell’anno.
Qui dal 25 aprile e fino al 1° maggio i triestini a combattere da soli contro le truppe naziste. Dal 1° maggio al 12 giugno annichiliti e impotenti. Increduli. (2)
Dunque nazisti e titini entrambi con la precisa volontà di annettere la città di Trieste al loro Stato. L’OZAC (3) e Trst je nas (4) sono fatti.
Molto difficile sostenere il contrario eppure … (5)
Passando davanti a qualche lapide non è semplice per comuni mortali collegarsi all’evento citato.
Così per la lapide che ricorda i 500 caduti in India durante la seconda guerra. L’Italia ha combattuto in India? – ci si chiede.
No, in India, a Yol, ai piedi del Tibet, c’erano campi di prigionia inglesi dove finirono 10 mila soldati e ufficiali fatti prigionieri dagli inglesi soprattutto in Africa.
Cinquecento morirono perché gli inglesi non erano neppure lontanamente paragonabili ai nazisti però in fatto di severità non scherzavano.
E poi la lapide che ricorda i morti di Vergarolla inaugurata appena nel 2011.
Nell’agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla, presso Pola in Istria, vi fu un attentato contro la comunità italiana dove morirono circa 100 persone che assistevano su una spiaggia a delle gare di nuoto.
Evento poco noto di cui solo di recente si è parlato ed anche questo in termini incredibilmente polemici (6)
L’elenco delle lapidi attuali comprende:
-Onore e gloria ai caduti della Liberazione 1943 – 45
-Raduno degli istriani, novembre 1964
-Ai morti nei campi di concentramento (pessime condizioni)
-Frammento prima campana Rovereto. Pace ai caduti di tutte le guerre
-Ai volontari della Resistenza
-Granatieri di Sardegna con l’anno della costituzione del corpo ( 1659)
-Ai Carabinieri caduti nella Venezia Giulia (pessime condizioni)
-Lapide in latino 1813
-Proclama Generale Diaz (pessime condizioni)
-La discussa lapide che ricorda che la guerra a Trieste finì il 12 giugno 45 e non il 25 aprile come nel resto d’Italia
-Motivazione della medaglia d’oro al valor militare per la città di Trieste
-Ai caduti dell’arma della Cavalleria
-Ai bersaglieri giuliani e dalmati caduti
-Motivazione alla medaglia al valor militare per l’arma della cavalleria (prima guerra)
-Ai giuliani e dalmati caduti sul fronte russo
-Onore agli artiglieri caduti per la patria
-Onore ai Genieri e Trasmettitori caduti in tutte le guerre
-Ai caduti della Guardia Civica (2)
-Lapide che ricorda l’atto vandalico contro la lapide della Guardia Civica
-Lapide per i caduti dell’attentato di Vergarolla (Istria 1946)
-Volontari giuliani e dalmati decorati con medaglia d’oro
-Caduti gruppo dei rastrellatori
-Ai caduti della Polizia di Stato
-Associazione orfani di guerra ricordano i loro padri caduti
-Associazione lagunari truppe anfibie ricordano i loro caduti
-A perenne ricordo di tutti i caduti per la libertà
-Ai caduti triestini guerra 1914 – 1918
-Volontari giuliani e dalmati caduti per la libertà
-Onore alla vittime civili di guerra
-In ricordo di Gabriele Foschiatti
-Ai caduti della insurrezione del 30 aprile 1945
-Ai martiri di via Massimo D’Azeglio
-Ai martiri dei campi di concentramento tedeschi
-Ai martiri della Risiera di san Sabba (pessime condizioni)
-Ai dispersi della guerra 1939 – 1945 (pessime condizioni)
-Ai martiri soppressi nelle foibe e campi di concentramento (pessime condizioni)
-Ai martiri di via Ghega (pessime condizioni)
-Legionari volontari caduti in Spagna
-Dipendenti Telve (7) caduti-Triestini caduti per A.O.I. (Africa orientale)
Due i monumenti.
Uno è quello dedicato alle persone morte nelle foibe con la statua in bronzo, collocata nel 2000, opera dello scultore Nino Spagnoli.
E’ situata alla fine di un vialetto dedicato ai morti nelle foibe e la statua è visibile guardando in su tra gli alberi, anche dalla via Capitolina. (8)
L’altro è il grande monumento Ai Caduti visibile da molte parti della città. Inaugurato nel 1935 alla presenza del re Vittorio Emanuele III è opera di Attilio Selva (9).
Breve l’incisione sulla pietra del basamento realizzato in pietra bianca d’Istria “Trieste — ai caduti — nella guerra di liberazione — MCMXV – MCMXVIII” (10)
Qui termina questo viaggio in 3 puntate lungo e sofferto e difficile più del previsto.
Sembrano inerti pietre sparse per i prati, ma dicono molto e forse fin troppo.
E quanto arduo passare attraverso eventi del secolo scorso che non hanno ancora una loro pacificazione.
Trieste, una identità di frontiera – dicono Magris e Ara in un loro libro (11) .
E che frontiera …
Nota 1
Guardia Civica
Corpo di volontari costituito nel maggio 1944 per assicurare l’ordine in una città priva di ogni forma di tutela (né Carabinieri, né Polizia di Stato) e per giunta devastata dai bombardamenti e piena di sciacalli.
1600 uomini di cui parecchi furono trucidati dalle truppe naziste e altri dalle truppe titine.
Nota 2
“Su tutto il mondo rideva in quei giorni la Pace; a Trieste regnavano terrore e dolore. Ascoltavamo alla radio il giubilo di tanti popoli, il clamore esultante delle città liberate (…); su noi incombeva l’avvilimento dei beffati dal destino – Silvio Benco
Nota 3
OZAK
“La Zona d’operazioni del Litorale adriatico o OZAK (acronimo di Operations zone Adriatisches Küstenland) fu una suddivisione territoriale comprendente le province italiane di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, sottoposta alla diretta amministrazione militare tedesca e quindi di fatto sottratta al controllo della Repubblica Sociale Italiana, alla quale ufficialmente apparteneva…”
da Wikipedia
Nota 4
Trst je nas – Trieste è nostra. Assieme alla bandiera yugolslava sopra il Municipio testimonia la precisa volontà di annettere Trieste alla Yugoslavia.
Nota 5
Un articolo di tale Marco Barone ha ampio riscontro su internet. Egli tra l’altro scrive “all’occupazione Jugoslava è seguita poi l’occupazione anglo-americana, perché se occupazione è stata la prima, occupazione è stata la seconda, se amministrazione provvisoria è stata la prima amministrazione provvisoria è stata la seconda”
Frase che cozza contro la realtà dei fatti.
L’occupazione anglo-americana è stata quella dei vincitori che invadono i territori dei vinti ma in questo caso non per annettere Trieste agli Usa o Inghilterra. L’occupazione titina era per portare Trieste alla Jugoslavia e farne la VII Repubblica. E men che meno si può dire che lo spirito della amministrazione titina sia stata quella di una amministrazione provvisoria.
Come valutare tutte le scritte “Trst je nas” sparse per la città, come valutare la bandiera Jugoslava sul Municipio, come valutare l’ordine a tutte le milizia partigiane e del CNL ( quelle che con alto prezzo di vite umane avevano combattuto e vinto le truppe tedesche in Trieste) di consegnare le armi, come valutare la pacifica manifestazione di semplici cittadini triestini il 5 maggio conclusasi con raffiche di mitra ed i morti di cui targa in via Imbriani ed altro ancora se non come atti di una precisa volontà militare e non come semplici atti di governo provvisorio. Difficile sostenere questa tesi dell’amministrazione di governo provvisorio come fa il Presidente del Cosiglio Comunale Furlanic nell’opporsi alla lapide di cui qui si parla.
Difficile sostenere la tesi che l’esercito di Tito abbia liberato Trieste dalle truppe naziste se la semplice cronaca (non la storia) ci racconta come il vescovo mons. Santin fosse riuscito a convincere le ultime truppe naziste asseragliate nel castello di San Giusto ad arrendersi. E come l’atto finale con la firma del documento di resa sia avvenuto il 2 maggio nelle mani di un colonnello neozelandese, presente un capitano dell’esercito jugoslavo, eserciti appena entrati da poche ore nella città.
Un arrivo dunque a lavoro miltare già svolto dalle truppe partigiane e a lavoro diplomatico già svolto da mons. Santin aiutato dal prof Silvio Rutteri che ben padroneggiava la lingua tedesca.
E’ proprio lui racconta in quel mirabile libro ” Trieste, storia ed arte tra vie e piazza”, Ed Lint, 1983 , pagg 60 – 67, nei più minimi dettagli gli eventi di quel giorno storico. Quello che concludeva a tutti gli effetti a Trieste la guerra contro i nazisti. Quella guerra che per il resto dell’Italia si era conclusa il 25 aprile. E qui invece guerra proseguita e portata avanti dai soli partigiani e CNL senza aiuto di alcun altro esercito, americano, inglese, neozelandese o jugoslavo che fosse perchè ancora dovevano arrivare.
Ed infine non va dimenticato che il permanere delle truppe anglo americane a Trieste fino al 1954 e la creazione della zona A e B è stato il compromesso raggiunto dalle grandi potenze per la rinuncia da parte della Yugoslavia ad avere Trieste.
Insomma eventi bellici per spostare confini.
Gli eventi bellici in Italia sono terminati il 25 aprile e a Trieste, per la grande quantità di morti di quei giorni, il 12 giugno 1945.
Alle polemiche fece cenno anche il sindaco Cosolini nel discorso alla cerimonia di scopertura della lapide il 12 giugno 2015 forse alludendo anche alle dichiarazioni di Marino Sossi (Sel): “Trieste non ha bisogno di altri cippi. Dovrebbe guardare avanti invece di stare lì a commemorarsi”.
Chissà se la frase pronunciata dall’esponente politico di Sel vuol riferirsi anche ai partigiani uccisi dalle truppe nazi-fasciste. Ne dubito molto.
Commemorare solo i morti della propria parte. Ed è esattamente l’opposto quello che di fatto è divenuto il Parco della Rimembranza dove trovano memoria morti e solo morti e non le loro bandiere anche se giustamente menzionate perchè è giusto sapere sotto quale bandiera uno ha perso la vita.
Il semplice testo della lapide recita:
“il 12 giugno in seguito agli accordi di Belgrado le truppe jugoslave si ritirarono da Trieste dopo 40 giorni di occupazione. Il popolo triestino iniziava una lunga e difficile fase di attesa riconquistando con il suo schietto impegno libertà e democrazia. “
Un riferimento dunque ad una ritirata militare e ad una fase di lunga attesa.
Fotografia che pare più che nitida e parole molto misurate.
Nota 6
Nel 1946 la città di Pola era, unica zona dell’Istria, sotto l’amministrazione inglese. Come è noto nella città la presenza di italiani era elevata, ma in quanto vinti e con le pressioni della popolazione slava dentro e nel resto del territorio, non facile la loro vita.
Quella domenica di agosto, sulla spiaggia, era anche occasione di riunirsi tra italiani.
Le carte ufficiali dell’amministrazione inglesi datate 19 dicembre 1946 attribuiscono alla polizia segreta slava la responsabilità dell’attentato. Nè del resto alcun altro poteva avere interesse alcuno a dare un segnale cosi chiaro alla popolazione italiana di Pola
Nota 7
Telve
L’azienda dei telefoni a Trieste, prima delle varie Sip e Telecom era la Telve con sede nel palazzo verde in piazza Oberdan
Nota 8
Più o meno alla stessa altezza, ma a meno di 1 metro dal muretto tra la via Capitolina e il prato c’è il cippo a Nazario Sauro che avendo disertato dall’esercito austro-ungarico e essendo passato nella marina italiana, venne identificato a Pola e fucilato nel 1916.
A lui è dedicata anche la statua in bronzo, opera dello scultore triestino Tristano Alberti, situata davanti la Stazione marittima
Ogni anno, in occasione della data di ricorrenza della sua morte, viene deposta una corona ai piedi della statua e di questo cippo nel Parco della Rimembranza.
La foto qui presente è stata scattata subito dopo la deposizione dei fiori per la ricorrenza del 10 agosto 2016 e cioè a 100 anni dalla morte.
Proprio in occasione del centenario della morte (2016) vi è stata la ristampa del libro “Nazario Sauro, il Garibaldi dell’Istria” di Ranieri Ponis, Ed. Luglio, la cui prima edizione risale al 1996.
Molti altri libri a partire dai primi “L’Adriatico e il suo autore” di G. Barzilai, Milano 1917 e “Il Sauro” di S. Benelli, Milano 1919 sono seguiti cercando di fare luce sulla vicenda, i suoi risvolti, sul personaggio Sauro.
Molti nel corso del “ventennio” : “Sauro, il marinaio di Capodistria” di A. Busetto (1936). “Il vero volto di Nazario Sauro” di A. Pozzi ( 1936). “Il martirio di Nazario Sauro” di V. Piccoli (1935). Ed altri.
I più recenti oltre a quello di Ranieri Ponis va citato “Nazario Sauro, storia di un marinaio” (2014), scritto dal nipote Francesco Sauro – ufficiale di marina – in collaborazione con il figlio Francesco.
Nota 9
Attilio Selva, scultore triestino anche se vissuto perlopiù a Roma. Artefice di molte altre opere in varie parti d’Italia commissionate dal regime fascista. Sue statue anche all’estero.
Morto nel 1970.
Nel 2000 si è tenuta a Roma una mostra a lui dedicata.
Nota 10
MCMXV – MCMXVIII
Spero di non offendere troppo se traduco queste lettere in cifre: 1915 – 1918.
Qualche giorno fa ero lì per riguardare i posti che stavo descrivendo.
Una coppia italiana, lui sui 40, lei sui 25/30 elegante, bella, accento del centro Italia.
Alla domanda di lui, la ragazza non sa leggere le date né ha mai sentito parlare di cifre romane. “Ma cosa sono?”
Figuriamoci se potesse avere idea che la liberazione di cui all’incisione non è la guerra partigiana dell’ultimo conflitto bensì quella della c.d. (cosiddetta) liberazione dal dominio dell’Impero Austro-Ungarico.
Si ma forse anche il sapere che c’è stata una guerra importante nel 1915 sarebbe chiedere troppo.
Nota 11
“Trieste, città di frontiera” – Angelo Ara e Claudio Magris, Ed Bompiani, 1982