Al posto della piazza e dei suoi alberi, il mare.
E sulla riva di questo mare, al posto del palazzo Kalister (quello ad angolo con la via Sant’Anastasio) una grande villa.
Non è facile immaginare questa fotografia. Ai tempi dell’antica Roma – nell’epoca del tardo Impero – la si sarebbe potuta fare. Ma io non c’ero.
Anche qui, dunque, in piazza Libertà, si sono trovati mosaici del pavimento di una villa romana, una delle tante nella zona di Trieste (1)
Il mare in tutta la zona fino a Roiano, a lambire il primo salire del terreno verso il monte, finché, interramento dopo interramento, si è guadagnato spazio per varie costruzioni come il lazzaretto, il porto, la ferrovia.
Nulla da dire per tanti secoli finché nella zona della piazza, non più mare ma terreno, venne trasferito il macello per allontanarlo dalla zona cittadina. Siamo alla fine del 1700 e lì resterà per quasi 100 anni.
Con la costruzione della stazione ferroviaria (1878) il posto inizia a prendere la sua forma attuale. La piazza è ovviamente chiamata “Piazza della Stazione” e il nome muterà poi nel 1919 in Piazza Libertà.
La piazza è contornata su 2 lati da palazzi di cui almeno 3 – i palazzi Economo, Kalister, Panfili – di grande prestigio. Di questi faccio cenno breve in articolo a parte; del resto su internet si trovano ampie descrizioni che tutto dicono della storia di questi edifici fine ‘800, anch’essi a testimoniare lo stato di benessere della città in quei decenni.
Oltre ad essi si affacciano sulla piazza anche i palazzi Brunner, i due Catolla e Miller. E naturalmente la Stazione.
L’anno in cui mio nonno Pepi nacque era il 1882 che era anche il cinquecentesimo anniversario della c.d. dedizione di Trieste all’Austria. A Trieste si pensò di far fare un monumento a ricordo.
Personaggi illustri come Muzio de Tommasini (Giardino Pubblico), i baroni Sartori, Rittmayer, Morpurgo, Ralli ed altri si fecero carico di coordinare e finanziare l’iniziativa.
Venne deciso un monumento di grandi dimensioni alto 14 metri con una statua in bronzo di donna raffigurante la città di Trieste. Stante appunto la complessità dell’opera (3), i soldi non furono sufficienti alla sua ultimazione.
Fu allora indetta una pubblica raccolta di fondi ed in brevissimo – stante l’ampia partecipazione della cittadinanza – ogni problema venne risolto e la statua, posta in piazza della Stazione, fu inaugurata con solenne cerimonia. Era il 1889.
Non è difficile immaginare quale sorte essa potesse avere alla fine della guerra. Imbrattato nel 1918 con vernice bianca, rossa e verde e smembrato a fine dell’anno seguente.
La statua fu posta in un magazzino e un progetto di collocarla in una nicchia della Scala dei Giganti fu bocciato, come era logico prevedere. Correva l’anno 1928.
La statua restò nel suo magazzino fino alla fine della seconda guerra quando venne mandata a fusione. Il prof. de Henriquez riuscì a salvare la testa per la sua collezione e per aiutarci a rammentare queste vicende che molto dicono. Dicono del clima che si respirava in città a fine ‘800, dell’impegno civico di imprenditori e uomini di cultura, dei sentimenti di buona parte della città verso l’Austria, delle imposizioni del vincitore a guerra finita, dell’ irredentismo rivisitato dal fascismo e anche post fascismo, del grande e fruttifero lavoro di un uomo eccezionale come de Henriquez cui molto la città deve in ordine alla memoria.
Non una memoria come giorno della memoria (per le foibe, per le deportazioni, per gli esuli), ma memoria diffusa, immanente alla cultura. In questo caso dentro la cultura di questa città.
Se le decisioni a proposito di questa statua possono avere una loro spiegazione perché avvenute “a caldo” , molto più difficili da comprendere sono le polemiche (tante) avutesi a proposito della ri-collocazione nella piazza del monumento a Elisabetta d’Austria (Sissi).
Parliamo di anni recenti (1997) quando ormai il passare dei decenni e mutate situazioni politiche avrebbe dovuto contribuire a naturale stempero di animosità specie poi nei confronti di un personaggio – Sissi- così poco politicamente impegnata. Ma forse per saperlo bisogna informarsi e informarsi costa più fatica che seguire supini una ideologia.
La città con una pubblica sottoscrizione (cui certamente gli irredentisti non contribuirono), nel 1912 volle onorare con una statua la memoria di questa principessa triste spesso in visita a Miramare alla cognata e ormai vedova Carlotta, in rotta con la casa regnante e il consorte l’Imperatore Francesco Giuseppe, restia a protocolli di corte e amante della sua libertà. (4) Una libertà che le costò la vita perché uccisa da un anarchico mentre faceva, senza scorta, jogging in un parco di Ginevra.
Come non pensare a un’altra donna dallo spirito libero, irrequieta, anche lei principessa, postasi fuori corte e rinunciando dunque ai benefici che ogni corte offre e tragicamente morta: la principessa Diana.
Anche se sembra che la principessa Elisabetta non parlasse bene della città, la città la amò e non poteva essere diversamente.
Mauro Covacich nel suo bellissimo “Trieste sottosopra” azzarda una suggestiva similitudine tra questa città e Sissi. In nota ve la riporto. (5)
La statua di Sissi rimase nella piazza – o meglio davanti al silos – fino al 1921 e quindi messa in un magazzino per rivedere la luce dopo 76 anni (una vita) con una cerimonia cui fu invitata anche Carla Fracci che poi propose al teatro Verdi uno spettacolo in cui si ripercorrevano alcune tappe della vita della Principessa.
Statue dentro equilibri politici, chi l’avrebbe mai detto. (6)
Tra quello che oggi è il capolinea del bus 20 e 21 e l’inizio delle rive è stato posto nel 2004 il Monumento all’Esodo a ricordo dei 350 mila profughi dall’Istria e Dalmazia.
Monumento semplice con tre stemmi in pietra bianca ad indicare la capra istriana, l’aquila fiumana e i leoni dalmati. Sotto una breve iscrizione.
Dietro il monumento e ben difficile da notare un alto pennone con sopra l’alabarda.
Anche qui monumenti e politica vanno a braccetto. Non ne fa mistero il Piccolo nel dare annuncio della cerimonia di inaugurazione. (7)
Troppo spazio ho qui dedicato a semplici statue che nessuno vede.
Nè la testa della donna del defunto monumento alla dedizione all’Austria perché non esposta nel museetto (museetto = museo piccolo e non adeguato alla grandezza della persona e del suo lavoro) dedicato alla Collezione de Henriquez.
Nè il Monumento all’Esodo immerso nel correre di auto.
Nè Sissi contornata da quella varia umanità senza casa né patria che alberga sulle panchine della piazza all’ombra degli alti platani. (8)
Zona di degrado come spesso accade nei pressi delle stazioni ferroviarie.
Sulla piazza Libertà incombe una parolaccia che si chiama “riqualificazione”. Non perché la riqualificazione in sé sia un male. Nella grande maggioranza dei casi è un bene e diventa il suo opposto solo se si confonde gestione (che è ordinaria amministrazione) con riqualificazione (che è straordinaria manutenzione)
Due concetti molto diversi.
Certo il primo non giustifica grandi articoli sul Piccolo, mentre il secondo quale grande vetrina è.
E la politica ha bisogno di vetrina.
Se ne parla con vari progetti dal lontano 2004 a testimonianza che chi troppo vuole nulla stringe o anche della inconsistenza o non necessità di questa opera.
Mentre per il Silos serve veramente un grande progetto (ma nei limiti della reale realizzabilità) , per la piazza Libertà cosa occorre se non una gestione ordinaria che pulisca (in tutti i sensi) il sito, aggiunga qualche cosa, aggiunga luci e telecamere, faccia manutenzione al monumento a Sissi, risistemi i sottopassaggi. E poco altro.
E tutto poi dentro una gestione non una tantum, ma una semper.
Più guardo questa piazza più ha in sé una sua bellezza discreta fatta di forma, di palazzi circostanti, di verde dovuto ad alti alberi, di un traffico scorrevole, di funzionali capolinea di varie linee di bus, di sottopassaggi per pedoni.
Che la confusione terminologica contribuisca a dare voti al partito della riqualificazione non v’è dubbio.
Sul Piccolo tanti articoli e “segnalazioni” che parlano del degrado della zona e le risposte ai cittadini che chiedono semplicemente pulizia e sicurezza è sempre la stessa: “sì avete ragione stiamo studiando la riqualificazione che risolverà tutto e anzi migliorerà tutto”.
Comunque moltissime voci di dissenso in ordine alla riqualificazione. L’ultimo progetto prevede il taglio di molti alberi e sostituzione del verde con arbusti (come se alti alberi e arbusti fossero la stessa cosa), un allargamento della sede stradale per fare (incredibilmente) 7 corsie di marcia per snellire il traffico di per sé già normalmente scorrevole davanti alla stazione.
Chi vivrà vedrà, ma non dovrà vedere questo insulto alla bellezza discreta di questa piazza.
NOTE
Nota 1
Per una visione dei siti romani crf il ponderoso studio di Marina De Franceschini “Le antiche ville della Decima Regio. Venetia – Histria”.
In esso sono individuati dentro la piccola provincia di Trieste 55 siti.
Penso che altri si siano aggiunti dopo lo studio qui citato che risale al 1999
Nota 2
La mensa comunale di Trieste inaugurata nel dicembre 1951 fu istituzione di cui giustamente la città ebbe vanto essendo un unicum nel panorama italiano. Nel rispetto degli alberi esistenti fu costruito questo edificio con un piano sopraelevato con ristorante con 200 posti, cucina in grado di preparare 2000 pasti al giorno, locali magazzino e frigo. Sotto adibito ad albergo diurno con 10 docce, 6 vasche, servizio barbiere, parrucchiere, toilette, deposito bagagli, telefono pubblico.
Tutto a prezzi modici per venire incontro alle esigenze della popolazione meno abbiente.
Un pasto completo non superava le 200 lire e a titolo indicativo per capire il valore della moneta in quegli anni un kg di pasta costava 120 lire e un litro di benzina 116.
Nota 3
Descrizione Monumento Dedizione tratta dal giornale “L’Adria” riportato sul sito “Nuovo Litorale”
“Il monumento si eleva sopra una base a due gradinate di pianta quadrata, e presenta nel suo insieme l’aspetto d’un obelisco il quale dalla gradinata alla sua cima si alza all’altezza di metri 14,20. Il basamento è formato da tre ordini di piedistalli … si predispongono ad accogliere il sormontante obelisco.
Nel primo piedistallo concepito in forme architettoniche rigorosamente studiate, porta nella facciata principale l’iscrizione dedicatoria, esso viene sormontato da un gruppo composto di massi conglomerati imitanti dei ruderi architettonici dell’epoca romana, esistenti nel Museo civico d’antichità.
Addossata a questi dal lato prospiciente il portale dell’edificio della stazione ferroviaria, campeggia la figura di donna in bronzo, rappresentante la città di Trieste.
Dalle rovine dell’antica stirpe latina sorge maestosamente l’allegorica figura di Trieste con la mano stesa in atto di giubilo, con l’altra annoda tutto in un fascio le sue memorie allo scudo degli Asburgo, formando un trofeo, dal quale i lembi del vessillo Imperiale avvolgono gli omeri in segno di protezione.
Su quel gruppo di ruderi poggia un secondo basamento … Tutto all’intorno del monumento corre una ringhiera in ferro battuto, ai quattro lati si ergono fanali riccamente lavorati nello stile del rinascimento.
Nota 4
Versi scritti dalla Principessa Elisabetta d’Austria.
“Un gabbiano io sono che non terra, nessuna spiaggia, né la mia casa, nulla mi lega a nessun luogo né paese. Io volo di onda in onda”
Nota 5
Mentre l’autore è a rivedersi Miramare gli passano davanti due ragazze che corrono. E anche le sue riflessioni corrono.
” … More, già ben abbronzate ai primi di aprile, i glutei sodi dentro i pantaloncini, il piercing all’ombelico, immobile nel reticolo degli addominali. Due triestine – non proprio ragazze, a ben vedere – in pausa pranzo.
Quanti di quelli che si sono voltati a guardarle lo hanno fatto per istintiva attrazione e quanti per lo shock di vedere infranta l’immagine aristocratica, salottiera, della triestina tutta Sissi e operetta con cui sono partiti per questa gita? Me lo chiedo perché conosco un sacco di persone che, dopo qualche giorno a Trieste, mi hanno confessato il loro smarrimento. Di primo acchito, tutto sembra confermare le aspettative e hai l’impressione che da un momento all’altro Romy Schneider ti sfilerà davanti in carrozza, poi cominci a capire – come sta capitando a questi gitanti travolti dalla ventata pop delle due runner – che il cliché non dà conto della complessità della città vera.
Eppure, non c’è contraddizione. O meglio, l’identità autentica di Trieste passa attraverso la sua natura contraddittoria. Sissi, ad esempio, la bella Sissi che veniva spesso a trovare la cognata pazza qui a Miramare, faceva due ore di ginnastica al giorno. Amava concedersi lunghe passeggiate, anche fuori dal parco e sempre senza scorta ( sarà così che nel 1898, in una fresca mattina di settembre, l’anarchico Luigi Luccheni la ucciderà a colpi di stiletto sul lungolago di Ginevra). A Schonbrunn la principessa Sissi si esercitava agli anelli. Li aveva fatti installare in una stanza piena di specchi, trivellando pregiatissimi stucchi. Era una fissata della dieta, fin quasi a creare lei per prima lo stile anoressico, quella sensibilità estenuata che riempie i ristoranti vegan di Soho. Si era anche concessa il capriccio di un tatuaggio. Insomma, la vera Sissi, esattamente come la vera Trieste, non è quella che vi siete sempre immaginati, non è Romy Schneider e non è neanche quella vecchia signora che gira ancora adesso per il centro tutta bardata da gran dama dell’Ottocento. No, Sissi, come Trieste, è una giovanissima quarantenne dei nostri giorni, tatuata, tonica, igienista, che non ho nessuna difficoltà a immaginare anche depilata con l’elettrocoagulatore, abbronzata e, perché no, col piercing all’ombelico, come le due runner di prima …”
Nota 6
Per accontentare la destra triestina e qualche portavoce degli esuli (ma che centrano gli esuli con Elisabetta d’Austria? ) che tanto si opposero alla ricollocazione della statua di Sissi, il prossimo valzer potrebbe interessare la statua di Oberdan in un gioco 2 x 1.
Ok, la statua di Sissi resta lì, ma in contropartita ci vuole un monumento agli esuli – che ora c’è – ma anche uno spostamento (sfratto) dal centro della piazza Oberdan della statua “ Il Cantico dei Cantici” del Mascherini per far posto alla statua di Oberdan ora nel Sacrario a lui dedicato nell’adiacente la piazza, Museo del Risorgimento. Museo che comunque in questo 2016 risulta chiuso già da molti mesi.
Cantico dei Cantici anch’essa statua di grande valenza storica. Come racconta Covacich nel già citato suo libro la statua rappresenta due giovanissimi innamorati separati da morte per mano nazista proprio in quella piazza. Mentre lui aspettava lei, fu preso senza motivo, portato alla Risiera e pace all’anima sua.
Covacich riporta il testo trovato su 2 foglietti dove il ragazzo con una serenità toccante saluta la sua innamorata.
Una statua dedicata all’amore, alla pace, alla serenità pur dentro la tragedia, alla forza d’animo e al coraggio.
Quante buone, anzi o time ragioni per lasciarla lì a memoria di passate tragedie.
La statua di Oberdan è opera di Attilio Selva scultore molto caro al regime fascista ed ancora a tutta la destra triestina.
Dunque qui la lotta si fa(rà) dura.
Nota 7
Sul Piccolo del 13 agosto 2004:
…”Il monumento sarà pronto per l’arrivo in città del presidente Ciampi, il 3 e 4 novembre, ma solo parzialmente sarà un contraltare della statua di Sissi ricollocata nel giardino più grande dalla giunta Illy. “
Nota 8
La parte di verde della piazza si può suddividere in 4 zone:
– Quella esattamente antistante la Stazione. Ha forma quadrata, ma il disegno interno è rotondo sicchè della piazza si può avere impressione di circolare. Essa ha attualmente 28 alberi, una decina di piccoli messi di recente a dimora, alcuni arbusti e prato. Due grossi sono stati di recente tagliati perchè pericolanti.
– Quella a forma triangolare oltrepassata la strada dove ci sono gli autobus 20 e 21. Ha 4 alberi grandi, 6 molto giovani e qualche altra pianta ed arbusti. In mezzo sorge il pennone con l’alabarda.
– Quella addossata alla sala Tripcovich con 8 alberi e qualche arbusto.
– Quella con un semplice filare davanti alla facciata anteriore del silos con 8 alberi.
Ossia un totale di 48 alti alberi più quelli nuovi. In tal senso non si comprende come taluni parlino di un totale di 34. Chissà, forse i 14 che mancano all’appello sarebbero quelli destinati ad essere tagliati per far posto alle … 7 corsie di marcia per le auto!!