Il parco del Farneto.
Che è ben più grande di quello che comunemente viene chiamato Boschetto.
Nel dire comune il “boschetto” è quel gradiente tutto verde, con una vegetazione piuttosto bassa che da S. Giovanni va verso il Cacciatore ed è attraversato da quella bella strada piena di dolci curve che dalla Rotonda del boschetto (appunto) arriva davanti alla villa Revoltella.
Da parecchi anni arricchito di percorsi adatti allo jogging o anche per passeggiate tranquille usufruendo di vialetti tenuti bene e con una pavimentazione a prova di vecchietta con tacchi a spillo (o quasi) .
Il boschetto che ufficialmente si chiama Parco del Farneto è molto più grande di quest’area di cui si è detto e a cui comunemente si pensa.
Principia molto più a sud con varie entrate. Ce n’è una proprio sulla sinistra dell’ingresso principale (o meglio dire .. “quello vecchio”) dell’Orto Botanico. Poi c’è quella sulla via Marchesetti qualche centinaio di metri più su dell’Orto e quella ancora più su e ben visibile a chi transita per la via Marchesetti per il piccolo posteggio sulla sinistra a salire ed in corrispondenza della via che sulla destra mena alla Chiesa di S. Luigi. Entrando da qui si trova subito anche un piccolo parco giochi.
Una quarta si apre sotto, dalla via Pindemonte, con una scala in pietra che porta subito ad uno spiazzo con un piccolo monumento.
Già da questa prima descrizione si comprende la vastità del Parco del Farneto. Giusto per dare una idea di massima … 91 campi di calcio!
Dal secondo accesso qui citato – quello inferiore della via Marchesetti – si scende per arrivare ad attraversare un canalone nel quale si sente scendere acqua in condotte chiuse da manufatti di cemento e da lì per un viottolino impervio si arriva presto a quelle stradine molto più “passeggiabili” di cui dicevo. Questa è parte molto selvaggia e dove la luce filtra con difficoltà attraverso i rami degli alberi, lì piuttosto alti.
Il Parco del Farneto mi appare come diviso in due. La parte del boschetto vero e proprio e quest’altra parte con gli accessi dalla via Marchesetti e Pindemonte decisamente molto più selvaggia. Tant’è che proprio in queste zone nel 2012 si erano trovate scritte e tracce di riti che i giornali chiamarono riti satanici e le forze di Polizia furono allertate per vigilare specie nelle ore notturne.
Difficile vigilare! La zona è vastissima, piena di viottoli ed anfratti.
Un grande polmone verde, non toccato per legge da speculazioni edilizie, ma sostanzialmente poco usato dai triestini. E’ lì, tutti sanno che è lì. E lì resta salvo per pochi frequentatori. Anche l’assenza di aree di posteggio (salvo quella sulla via Marchesetti e quello in alto davanti alla Villa Revoltella) non facilita l’usufruizione.
La sua esposizione verso nord lo rende buio.
La storia di questo bosco sembra partire da lontana donazione alla città da parte di una nobile famiglia patrizia (1) con poi alterne vicende sulla permissione per i triestini di ivi procacciarsi legna da ardere.
A protezione di questa area verde vennero emanate varie disposizioni da parte del Governo di Vienna nelle persone di Ferdinando I, di Carlo VI ed infine di Maria Teresa alla quale va il merito di avere provveduto a manutenzioni straordinarie e di avere nominato un cacciatore guardiaboschi che ben vigilasse e fatto costruire per lui una casa alla sommità del bosco. Da qui il nome di “Cacciatore” dato dai triestini alla sommità della collina di Rozzol e divenuto poi nome ufficiale del posto.
Sul primo che ebbe questo incarico – tale Adam Chandler, scozzese giardiniere a Schonbrunn e bisnonno di Pietro Kandler – si narra fosse stato qui mandato per allontanarlo dalla corte di Vienna causa intrallazzi amorosi con una importante dama di corte.
Morta Maria Teresa il successore di lei figlio Giuseppe II pensò di alienare a privati il bosco che a quel tempo contava quasi 33.000 querce, ma fortunatamente – anche per forti resistenze in città – il progetto fu abbandonato (2) .
Nessuna misura protettiva riuscì ovviamente ad evitare al bosco gravi danni essendosi trovato luogo di transito e anche di battaglia tra truppe austriache che scendevano in città e gli occupanti dell’esercito napoleonico. Era il 1813, anno della terza occupazione francese della città.
Quattro anni dopo al bosco fu regalata l’apertura di quella bella strada che con dolci curve e leggera e costante pendenza lo attraversa con un capo alla Rotonda del Boschetto e l’altro al Cacciatore di fronte alla villa Revoltella. (3)
Anche se sempre di proprietà dell’imperatore d’Austria, questa strada fu costruita con un anno di lavori ad opera di privati cittadini tra cui il principale finanziatore fu Ignazio Czeicke di cui si ricorda in via San Lazzaro, di fronte alla via Ponchielli, il bel palazzo detto “palazzo delle bisse”.
Delle vicende belliche di cui sopra v’è allegorica traccia sopra il portone di questa casa ove le 3 aquile rappresentano Austria, Prussia e Russia ( la Santa Alleanza) che si avventano e distruggono il serpente (la biscia) Napoleone intento a impossessarsi del mondo.
Solo nel 1844 il bosco del Farnedo diventa bene del Comune quando, in occasione della sua visita a Trieste, l’Imperatore Ferdinando I, decise questa donazione alla città la quale, riconoscente, fece erigere in suo onore nel 1858 il c.d. Ferdinandeo.
Ai nostri vecchi fu invece molto caro. Qui furono concepiti non pochi bambini e se non furono concepiti ci fu di che ricavar piacere.
In Senilità, Italo Svevo scrive …”Poi preferirono i boschetti del colle al Cacciatore; sentivano sempre più il bisogno di segregarsi. Sedevano accanto a qualche albero e mangiavano, bevevano e si baciavano.”
Rammento che a nonna Maria, quando si nominava il Boschetto, una viva luce illuminava gli occhi…
Durante le due guerre ci furono radicali potature degli alberi non ad opera del Comune, ma dei triestini.
Zelanti? No, solo desiderosi di mettere legna dentro el spargher e scaldarse.
Co’ ierimo putei, iera ancora el Boscheto
e mama ai mii fradei ghe diseva:”scometo
che no savè quel zogo de chi ingruma più stechi…”
I ghe serviva sechi a casa per far fogo
quando stavimo in Rena
e mia sorela Pia che iera la più brava
ghe li cioleva via de soto la schena
a quei che se strucava.
Carpinteri e Faraguna – Serbidiola
Nota 1
“Il Boschetto detto in dialetto triestino anche Farnedo, fu da una nobile donzella della patrizia famiglia Civrani con suo testamento legato alla comunità di Trieste, la quale in coerenza alla disposizione della generosa testatrice, permise per qualche tempo alla popolazione di falciarvi il fieno ed asportarne i rami aridi, inetti alla vegetazione”.
Così scrive Girolamo Conte Agapito nel suo libro edito a Vienna nel 1826 “Le descrizioni storico-pittoriche di pubblici passeggi suburbani, di notabili ville e giardini privati nei contorni di Trieste”
Nota 2
Sempre Girolamo Agapito nel libro citato in nota 1 scrive:
”Mentre nel 1785 si contemplava di alienare questo bosco, ne fu praticato l’estimo da pubblici geometri, e con tale perizia essendosi trovate in esso 32984 piante di quercie sopra una superficie di 281.833 Kl (Il Klafer equivale a 3,6 m quadrati. N. d. R.), venne fissato il valore in fiorini 51,850 . Nell’anno successivo con la relazione predisposta dal professore di nautica Antonio di Capuano il quale opinava che il taglio di questo bosco a cui avrebbe potuto indursi il compratore, sarebbe riuscito molto pregiudizievole alla città specialmente nella insorgenza di venti australi, ne fu sospesa la vendita”
Nota 3
Il citato Girolamo Agapito parla di ”… generoso pensamento di una società di nobili patrioti quello di aprire il comodo e bel sentiero per il quale anche il sesso gentile può passeggiando recarsi alla testa del Farnedo … questo sentiero fu in breve tempo portato al suo compimento ed aperto al piacere del Pubblico nella primavera del 1817. La di lui costruzione fu disposta in guisa che con le più dolci inflessioni rendesi pressoché insensibile l’agevole ascesa … “
Dunque 1817.
Nel pregevole volumetto “Il civico orto botanico e bosco del Farnedo” pubblicato a cura del Comune nel dicembre 2015 si legge “Due anni prima ( 1856 N.d.R.) il Comune aveva aperto la strada carrozzabile che dalla Rotonda del Boschetto porta sino al Cacciatore.“
Dunque due date molto diverse. Viene da pensare che la data 1856 si riferisca ad un ampliamento per rendere la strada percorribile anche dalle carrozze. Ed il termine “carrozzabile” che si legge nel volume del Comune, autorizza questa interpretazione.